Alda Merini

Sono influenzato, dunque corro (la chiamereste pazzia?)

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Il buonsenso direbbe che correre con la febbre non è una scelta sensata, ma per chi fa sport alle volte fare scelte rischiose è normale. (Quindi, domenica 17 marzo, andrò a correre per “soli” 22 km!!!)
Potrebbe definirsi: pazzia, perseveranza o resilienza? Di sicuro è una risposta alle domande che di tanto in tanto ci poniamo:
Perché corro?
Da cosa corro?
Verso cosa corro?

Cerchiamo le definizioni dei tre termini:
Pazzia, o malattia mentale, o disturbo mentale è un'affezione che colpisce il pensiero, i sentimenti o il comportamento di una persona in modo sufficientemente forte da rendere la sua integrazione sociale problematica, o da causargli sofferenza personale. Le malattie mentali sono alterazioni comportamentali o psicologiche che causano pericolo o disabilità e non fanno parte del normale sviluppo della persona.
No, non credo proprio sia il nostro caso. Certo potrà sembrare strano ai più correre, correre e ancora correre. Forse, chi come me, corre per ore e ore traendone piacere, forse gli Ultramaratoneti si avvicinano al disturbo mentale. Forse! Però che piacere conferisce tale “disturbo”. Magari lo provassero in tanti, cosi da trarne piacere e poter trasmettere piacere.
Perseveranza: dal latino perseverantia, derivazione di perseverare ossia perseverare. Costanza e fermezza nel perseguire i propri scopi o nel tener fede ai propri propositi, nel proseguire sulla via intrapresa o nella condotta scelta.
Dai che ci siamo, stiamo percorrendo la strada giusta. Però manca ancora un componente.
Resilienza: cioè la capacità di un individuo di andare avanti nonostante le circostanze sfavorevoli.
Ecco cosa mancava!!! La Resilienza, ciò che differenzia un individuo ottimista da un pessimista, da chi è convinto di poter gestire gli eventi della vita da chi decide di esserne travolto, da chi è motivato nel raggiungere i propri obbiettivi da chi si arrende al primo ostacolo, da chi intravede nei cambiamenti una fonte di sfida da chi li vede come un nuovo problema, da chi anche se sconfitto non si da per vinto ma pensa che sia stata un’esperienza positiva seppur nella sconfitta.

Ora, proviamo a rispondere alle tre domande:
Perché corro? Corro per me stesso.
Da cosa corro? Corro da me stesso.
Verso cosa corro? Corro verso me stesso.

Con questo cosa voglio dire: che non è necessario avere una risposta certa, ma essere certi che correre ci procuri felicità. Se è cosi allora stiamo facendo la cosa giusta, per noi e per chi ci circonda.

Colui che corre o meglio colui che pratica sport, alle volte è considerata una persona sopra le righe, una persona diversa. Di certo è una persona che in se racchiude, le tre componenti fondamentali:
Un pizzico di “sana pazzia”,
Una buona dose di perseveranza;
Molta ma proprio molta resilienza.
Senza queste tre fondamentali caratteristiche ne lo sportivo e ne l’individuo non sportivo potrebbe sopravvivere alla quotidianità. Nel momento che una di queste tre caratteristiche perde il suo “naturale” equilibrio, da quel preciso momento iniziano le difficoltà ad affrontare lo scorrere della vita.

Lo sport è una delle energie nascoste che alimenta la “fiammella” della pazzia, della perseveranza e della resilienza. Senza la pratica costante, sofferta e resistente di uno sport sarà necessario trovare un’altra “fiammella”.

Io la penso cosi, altrimenti non riuscirei a spiegarmi come possa pensare di partecipare ad un Ultramaratona, ad allenarmi per ore e ore, a correre una maratona tutto da solo, ad allenarmi dopo 12 e più ore di lavoro.

“Cessando di essere pazzo, diventò stupido.” (Marcel Proust)

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