Fartlek: una metodica allenante proveniente dal Nord Europa

di Pietro Cristini - Gio, 24/03/2016 - 17:38

Vorrei approfondire un tipo di allenamento, il fartlek o gioco di velocità, ampliandone la visione rispetto all’articolo pubblicato tempo fa e denominato fartlek a triangolo.
Cominciamo dando una prima definizione: “metodica allenante che comprende momenti prevalenti di corsa tipo “lungo lento”, quindi completamente aerobica, alternata da andature veloci, alte o medie, a seconda delle finalità dell’atleta presenti in una determinata fase della sua preparazione mirata ad abituare l’organismo ai cambi di ritmo da attuare su terreni diversi (pianura,salita e discesa) senza sostenere fatiche eccessive e correndo con la gioia nel cuore.”

Per comprendere il significato vorrei richiamare le sue origini storiche perché è da queste che dobbiamo partire per comprenderne e giustificare eventuali evoluzioni o interpretazioni .


Origini

Negli anni trenta un allenatore svedese, Gosta Holmer, adottò questo originale sistema di allenamento destinato ai corridori del suo paese recependolo dagli atleti finlandesi. Il principio ispiratore era quello di lasciar libero l’atleta di crearsi il proprio allenamento adattandolo alle specifiche caratteristiche individuali.

Quindi niente di predeterminato o prestabilito nel giorno destinato al fartlek; piuttosto, una sorta d’inno alla libertà di allenamento che ogni atleta doveva essere in grado di disegnarsi in base alle proprie esigenze (in seguito vedremo quali) o sensazioni che lo attraversavano in un particolare momento del suo allenamento.

Queste le basi naturali su cui era costruito il fartlek originale o “storico”, incentrato sulle caratteristiche del territorio scandinavo:

  • percorsi ricoperti di neve per favorire il rinforzo muscolare;
  • fondo dei sentieri in muschio per permettere sia il rinforzo muscolare che il recupero fisico dopo una sessione di allenamenti o a seguito d’infortunio;
  • alberi abbattuti da utilizzare come ostacoli da superare con balzi;
  • rocce per effettuare percorsi a balzi;
  • salite come stimolo per accelerare e coltivare la velocità.


Filosofia della sua esecuzione attuale

L’allenamento, è caratterizzato da opportune e variabili variazioni del ritmo base effettuate ad intervalli non prestabiliti, quello da me definito come “lungo lento” (andatura a ritmo lento che si adotta per percorrere lunghe distanze e scelto spesso da maratoneti e ultramaratoneti ). In tal modo si esce dalla pratica, talora monotona, del lungo lento per variare, di tanto in tanto, il ritmo dell’andatura. Il paragone con il mondo musicale nasce spontaneo; spesso si ascoltano musiche con un ritmo ripetuto insistentemente. Alludo alla tecno music o brani musicali tendenzialmente mono-ritmo. Dopo un po’ ci si stanca di ascoltarli anche se piacevoli. Per cambiare si scelgono altri motivi con ritmi più armonici e vari.

Anche il ritmo della corsa non dovrebbe risultare identico nei vari giorni dell’anno ma, piuttosto, essere variato all’occorrenza per coglierne le potenzialità e diventare, in tal modo, interpreti delle sue diverse tonalità. Essere corridori completi include la capacità di saper eseguire vari ritmi di corsa con una certa facilità, saper “innestare” marce diverse così come si effettua il cambio di marcia stando al volante di una qualsiasi vettura.

Non esiste, infatti, un solo modo di correre, quello mono-ritmo, sebbene basilare, ma tanti altri. Uno di questi è il fartlek.

Il lungo lento abitua alla stabilità, alla regolarità nel procedere poiché la corsa viene effettuata sempre in condizione aerobica. Non è assillante né a livello fisico né psicologico. E’ una corsa piuttosto rilassante, non faticosa e, addirittura, piacevole al verificarsi di determinate condizioni interne (stato d’animo rilassato, presenza del sentimento di “sentirsi in forma“, assenza di pensieri assillanti riguardanti il proprio vissuto, ect) o esterne (svolgere l’allenamento su di un percorso particolarmente appagante sotto il profilo paesaggistico).



fartlek

Questa regolarità, questo procedere senza sussulti abitua, come detto, a guardarsi dentro, ad esaminare le varie sensazioni che, man mano, affiorano dal profondo, a prestare attenzione alle minime variazioni della condizione psico-fisica. Un approccio decisamente importante per la formazione della mente e del fisico del corridore distante anni luce da quella di un automa o di chi corre ripetendo i gesti atletici senza viverli in modo consapevole.

Solo in questo modo sarà possibile procedere verso l’affinamento psicologico di sé stessi imparando a guardarsi dentro per conoscersi meglio atleticamente. Con il passare del tempo ci si potrà accorgere dei passi in avanti compiuti, di quelli mossi dentro di voi e constatare come sia avvenuto un cambiamento nei vostri comportamenti tali da diventare sufficientemente percepibili: siete puntuali nelle uscite, regolari nel portare a termine i programmi previsti, migliorati nell’umore.

Questo nuovo clima mentale per quelli di voi che si presentano a qualche competizione, si traduce nel disputare la prova senza sussulti, evitando i colpi di testa, quelle inutili accelerazioni iniziali e ricercare il ritmo migliore per procedere con regolarità verso il traguardo. Forse avreste voluto anche accelerare nel finale per superare questo o quel vostro avversario ma non eravate ancora in grado di farlo. Anche senza l’aiuto di un maestro avete valutato che le vostre risorse erano semplicemente terminate perché lo spunto finale doveva ancora essere costruito, frutto di un lavoro sulla velocità non ancora praticato regolarmente e perciò assente dal vostro bagaglio tecnico.


Nurmi: il finlandese volante, primo interprete dalla lunga falcata

fartlek

Come è stato accennato la corsa non è solo regolarità, passo uniforme, mantenimento di ritmi anche blandi: vive di cambiamenti nella sua esecuzione, di variazioni nella velocità, è gioia non contenuta che prende la forma d’ideali bollicine alzate, improvvisamente, verso il cielo in un prorompere d’energia. Così, dopo aver acquisito l’abitudine al ritmo costante del lungo lento, quasi ingabbiati dentro una corsa, apparentemente monotona, si potranno finalmente sprigionare, con il fartlek, energie latenti e aumentare, di tanto in tanto, la velocità.

Quell’ideale bottiglia dove giace normalmente l’energia della regolarità, viene stappata e riversata in una corsa più vivace, seppur a tratti. Questo tipo di corsa è stato adottato dagli scandinavi su larga scala anche se i primi interpreti sono da ricercarsi negli atleti finlandesi soprattutto in quel Paavo Nurmi, vero antesignano di un allenamento connotato da caratteristiche di sistematicità, regolarità e progressività. A quei tempi (intorno al 1920) riusciva addirittura ad effettuare tre sedute d’allenamento al giorno prevedendo tre tipi di attività fisica: marcia, corsa e ginnastica.

Nurmi era l’esempio della regolarità in gara caratterizzata da una falcata decisamente ampia, all’incirca 2 m e 30 cm. Sin dai primi metri teneva un’andatura costante e sostenuta mentre negli allenamenti faceva qualche eccezione pur non dedicandosi allo specifico lavoro sulla velocità come lui stesso ammise più tardi negli anni. Il non aver insistito in questa metodica d’allenamento lo privò, sempre a suo parere, della possibilità di ulteriori miglioramenti- La sua filosofia di corsa era quella di sbarazzarsi dell’avversario attraverso il ritmo regolare prima della linea del traguardo per evitare sprint ove avrebbe potuto avere la peggio.

Il Fartlek veniva praticato da Nurmi per sviluppare la velocità e le attitudini cardiovascolari introducendo numerosi cambiamenti di ritmo durante la corsa.
Una sua seduta di allenamento comprendeva un percorso di 10/20 chilometri in mezzo ai boschi intorno a Turku, sua città natale, con accelerazioni su brevi distanze. Pare facesse 6 sprint sui 400 metri in 60” o 12 volte i 200 metri in 25”, cioè ad una velocità oraria superiore a quella normalmente tenuta in competizione. Il resto del chilometraggio era effettuato ad un’andatura più contenuta.

Così facendo Nurmi alternava ritmi veloci con altri ad andature più ragionevoli ove recuperava lo sforzo fatto precedentemente.

Un innovatore per i tempi ed un esecutore di una tecnica ancora oggi capace di apportare nuove attitudini al runner oltre a quelle conseguite con il lungo lento.

Ha vissuto una parabola podistica lunga 50 anni come agonista, amatore e, infine, come praticante della corsa benessere. Nel 2009 ha pubblicato " Essere Corsa" ( Edizioni Del Faro ) e, nel 2015, " Correre con la testa" ( Fusta...
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