Intervista a Giusy Versace: la disabilità sta negli occhi di chi guarda
Giuseppina Versace, per tutti semplicemente Giusy, è stata la prima atleta donna con amputazione bilaterale alle gambe in gara ad un campionato nazionale di atletica leggera. Il suo allenatore è Andrea Giannini, ex azzurro di salto con l'asta.
Grazie alla sua disponibilità e gentilezza siamo riusciti ad intervistarla.
Giusy, una vita dedicata al lavoro nel mondo della moda e dell'estetica. Un giorno, un brutto giorno, quell'incidente. E tutto è cambiato. Non solo esteticamente, ma anche interiormente. Cosa ti ha dato la forza di reagire?
Certamente la fede e l'affetto e la vicinanza della mia famiglia e degli amici mi hanno dato una marcia in più. Da sola sarei già crollata.
Prima dell'incidente, praticavi già sport? E dopo, cosa ti ha spinto a praticare proprio l'atletica?
Prima dell'incidente giocavo a tennis e andavo in palestra come tanti. Mi sono avvicinata alla corsa per curiosità e poi me ne sono innamorata. Oggi quando corro mi sento viva e non invalida.
Subito dopo aver preso questa decisione, chi è stata la prima persona alla quale ti sei rivolta?
L'incontro casuale e provvidenziale con Andrea Giannini ha fatto si che io mi impegnassi piú seriamente e oggi devo dire grazie anche a lui per essere riuscita a raggiungere risultati così importanti.
La prima volta che hai corso con le protesi cosa hai provato?
Una bellissima sensazione che ancora oggi mi riempie il cuore. Ho pianto dalla gioia tanta è stata l'emozione. Sentire il corpo muoversi e il vento tra i capelli mi hanno regalato sensazione di libertà.
Cosa rappresenta per te la corsa?
Motivo di sfogo, svago e di riscatto personale.
Nel 2012 hai stabilito i minimi sui 100 m e 200 m per le Paralimpiadi di Londra che però ti sono stati negati, perché? Questo episodio ha rappresentato per te più una delusione o un motivo per continuare?
Certamente dopo tanti sacrifici non nascondo la profonda delusione ma la vita è fatta anche di questo. Era un obiettivo importante ma oggi sono sempre più convinta che correre sia importante per lanciare messaggi di speranza anche ad altri disabili. Corro per me stessa e per dire alla gente che non bisogna vergognarsi. La disabilità sta negli occhi di chi guarda.
Sappiamo che il doping viene spesso usato anche fra gli atleti disabili, cosa ne pensi a riguardo?
L'ignoranza e l'insicurezza portano spesso a sbagliare! Certamente non è un nell'esempio. È un grosso neo ma fortunatamente non è così diffuso come vogliono far credere.
"Con la testa e con il cuore si va ovunque", il libro in cui racconti la tua storia. Qual è il messaggio che in questo modo vuoi trasmettere a chi vive la tua stessa condizione?
Il messaggio è che se c'è l'ho fatta io possono farcela tutti. Io ho semplicemente voluto trarre del buono da un evento traumatico che mi ha improvvisamente fermata e costretta a rimetter i in gioco. Questo libro per me è come se fosse un diario. Spero che altri attraverso il mio percorso possano trarre spunto e forza per affrontare la propria vita e le difficoltà che spesso essa ci pone, con il sorriso. La vita è troppo breve e al tempo stessa bella, perché sprecarla?! Non è un messaggio rivolto solo ai disabili ma anche a chi nella vita ha tutto e spreca il proprio tempo a rincorrere ciò che non ha dimenticandosi di apprezzare tutto ciò che li circonda.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Vivo alla giornata. Non ho grandi obiettivi. Cerco di ricostruire la mia nuova vita personale, lavorativa e sociale apprezzando i mezzi che Dio mi ha dato. Mi avrà pure tolto le gambe ma mi ha lasciato una testa forte e un cuore pulito che mi aiutano ogni giorno a scegliere la cosa giusta da fare, almeno lo spero.
Scrivi un commento