La corsa compulsiva incrementa gli infortuni

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Un gruppo di ricercatori ha constatato che la corsa può diventare un'ossessione, al punto da non comprendere quando arriva il momento di fermarsi

La corsa, così come la danza e il ciclismo possono generare assuefazione. È quanto sono arrivati a sostenere i medici australiani che hanno condotto una serie di studi su corridori non professionisti di varie fasce d’età.

I ricercatori hanno avuto modo di constare che in alcuni casi lo sport può diventare un’ossessione e che, in virtù di questa ossessione alcuni sportivi sono disposti a sacrificare la vita sociale e affettiva, rinunciando a investire tempo e risorse in ambiti differenti da quello relativo esclusivamente alla loro passione di carattere sportivo.

Un’altra conseguenza diretta dell’ossessione per la pratica sportiva è che lo sportivo in questione non è più in grado di tradurre i segnali inviati dal corpo e, pertanto, non riesce più a comprendere quando è il momento di fermarsi e di concedere all’organismo il tempo di recuperare le forze.

Non riuscendo a usufruire del riposo necessario, il corpo di un corridore e soprattutto i suoi arti inferiori, sarà più soggetto a infortuni anche gravi. Tra l’altro, infortuni di lieve entità finiscono necessariamente per peggiorare a causa del fatto che gli sportivi ossessionati continuano a praticare attività sportiva anche quando avvertono un dolore più o meno intenso.


L'ossessione per la corsa

Il CEO fondatore del sito CercoTech conferma questa evidenza: “Gli individui molto giovani, tra i 20 e i 34 anni di età tendono a cadere più facilmente vittima del pensiero ossessivo della corsa, poiché il loro corpo è ancora in grado di reggere un carico e un ritmo di lavoro molto pesante. Inoltre, il disturbo ossessivo compulsivo si manifesta, nel 70% dei casi, in individui giovani, che non hanno ancora compiuto i 30 anni d’età.



corsa

Una prima utile pratica contro l’andare oltre i propri limiti è quella di monitorare le proprie sessioni di allenamento mediante app mobili e dispositivi indossabili come clip da applicare alle scarpe per acquisire metriche ad ogni passo, calzettini smart che fungono anche da metronomo per cadenzare il passo più correttamente e tracker su smartphone. Alla fine condividere i dati delle performance con il proprio medico sportivo di fiducia o un buon personal trainer per valutare le migliori strategie da adottare”.


D’altra parte è rincuorante scoprire che gli sportivi più anziani fanno meno fatica ad abbandonare la pratica ossessiva della corsa.

Questo può essere spiegato facendo un riferimento molto semplice alla sensazione di invincibilità tipica della gioventù e con l’atteggiamento più riflessivo e prudente che caratterizza invece le persone che cominciano a scendere a patti con i limiti di un fisico allenato, ma che sta comunque invecchiando.

Inoltre, quando si inizia a praticare attività sportiva e si cominciano a conseguire i primi risultati significativi si vivono sensazioni indimenticabili e si finisce per continuare a correre per tentare di sperimentare ancora quel tipo di sensazione. Da quello stadio alla manifestazione di un’ossessione vera e propria il passo è breve.

Purtroppo, nel periodo dello scorso lockdown i runner hanno dovuto limitare le proprie attività o hanno dovuto praticarle rispettando molte misure di sicurezza (la situazione attuale è leggermente diversa), come indicato dai vari decreti del Presidente del Consiglio. Non è improbabile che questo abbia influito molto negativamente sullo stato d’animo di quei runner che avevano trovato nella corsa una valvola di sfogo assolutamente necessaria per il loro benessere psicofisico.

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