L'emozione della corsa, come se fosse sempre la prima volta
Molte grandi prestazioni sportive sono spesso associate ad una grande carica energetica. Molti ambiti hanno studiato il fenomeno attribuendogli un nome: in psicologia si chiama Flow altri lo chiamano corsa zen o ancora estasi.
Queste dinamiche mentali ci dicono che siamo più attenti se un evento ci interessa, ci emoziona, ci gratifica. Ad esempio quando si corre la prima maratona, la qualità dell’esperienza è il frutto del rapporto fra la percezione della sfida e la convinzione ad affrontarla. Via via che si ripete l’esperienza si riduce tale valore e ne subentrano altri: la decima maratona magari non avrà il patos della prima ma al contempo sarà espressione di una gestione più ponderata e ottimale rispetto alla prima grazie all’esperienza maturata.
Come fare a mantenere sempre un certo grado di emozione?
Le possibilità sono due: o si alzano gli obiettivi o ci proponiamo obiettivi diversi. Nel caso della maratona può significare semplicemente migliorare la prestazione cronometrica, o cimentarsi nelle classiche maratone più blasonate a spostarsi in altre esperienza come il trail, skyrace, ultramaratona ecc. così da assicurare sempre una sfida come la prima maratona.
Questo è un po’ quello che è accaduto un po’ nell’ultimo ventennio: il popolo della pista si è prima spostato verso i 42km per poi passare alla 100km fino ad arrivare alla doppia Spartathlon Andata/Ritorno (500km).
Questo processo mentale che ci accompagna lungo tutta l’evoluzione, non è solo alla base di qualche pazzia sportiva, ma è un processo che ci ha permesso di colonizzare il mondo e di portare sempre più in alto “l’asticella” sia in campo scientifico, che sociale e tecnologico. Fattore comune è “la sfida, il superarsi, trovare la soluzione”.
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