Se non puoi combatterlo, fattelo amico: il lattato
Quando sentiamo parlare di acido lattico, solitamente non abbiamo sensazioni positive in quanto riconduciamo a tale terminologia una spiacevole sensazione causata da un allenamento particolarmente intenso.
È altresì vero però che durante la scissione delle molecole di ATP (adenosintrifosfato) si liberano ioni di idrogeno che abbassano il pH molecolare, ed il lattato ha la funzione di riequilibrarlo; quindi, ricapitolando, il corpo umano possiede dei sistemi di difesa per proteggersi dall'abbassamento del pH muscolare e può, attraverso l'immissione del lattato nel circolo ematico, provvedere alla sua riconversione in glucosio grazie all'attività del fegato (ciclo di Cori).
Il cuore è invece in grado di metabolizzare il lattato a scopo energetico, così come i reni e il cervello. Quindi se da prima lo si considera un prodotto di rifiuto della glicolisi, ad una analisi più approfondita capiamo che può essere riconvertito in energia a disposizione per il nostro corpo.
Senza addentrarci ulteriormente nella fase chimica dei vari processi di produzione energetica, nel nostro corpo in situazione di riposo, troveremo la concentrazione ematica di lattato nel sangue di 0.8-1 mmol/l, mentre la stessa, durante lo sforzo fisico può raggiungere e superare in casi estremi le 20 mmol/l.
Strutturare gli allenamenti in base alla produzione di acido lattico
Per questo è importante individuare negli atleti la soglia aerobica e anaerobica. La prima come sappiamo è posta a 2 mmol/l, mentre la seconda a 4 mmol/l. Trasferendo questi due limiti sulla frequenza cardiaca, avremo la possibilità di strutturare al meglio gli allenamenti degli atleti, andando a stimolare entrambe le soglie con sedute mirate.
Allenandoci a ritmi corrispondenti alla soglia aerobica, sapremo che stiamo lavorando ad un livello di attività prevalentemente lipolitica, che in alcuni soggetti, ad esempio, sarà utile per stimolare il dimagrimento.
Di contro quando ci troveremo a lavorare a ritmi di soglia anaerobica collocata all’incirca al 80/85% della massima (in soggetti poco allenati può collocarsi anche già al 90%) sapremo di lavorare su di una fascia di potenziamento cardiaco.
Occorre considerare però, che mentre al ritmo della soglia aerobica i tempi di allenamento possono essere anche considerevolmente lunghi, alla velocità della soglia anaerobica, la grande produzione di acido lattico non permetterà all’atleta di sostenere lo sforzo per molto tempo, in quanto l’accumulo dello stesso acido lattico bloccherà l’attività muscolare dell’atleta.
L’obiettivo sarà quindi quello di alternare le varie sedute per andare a stimolare la soglia anaerobica come capacità del cuore di aumentare la propria potenza e gittata, ma senza sottovalutare le sedute di fondo ad un ritmo che permetta di innalzare la velocità di esecuzione mantenendo sempre la produzione si acido lattico a 2 mmol/l.
Senza tabelle o formule di calcolo troppo complicate, quanto scritto sopra avviene ogni qual volta corriamo a ritmi più lenti o veloci. Quando possiamo liberamente parlare con il nostro compagno di corse siamo decisamente in soglia aerobica, mentre quando non ci è possibile parlare e quello sforzo non saremo in grado di sostenerlo per troppo tempo saremo decisamente in soglia anaerobica.
Strada facendo sarà sempre più evidente che non potremo combattere l’acido lattico, sarà quindi molto meglio farselo amico.
Buone corse!
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