
La guida definitiva al riscaldamento
In quasi ogni sport prima di effettuare il gesto atletico viene effettuato un riscaldamento, con il fine di poter esprimere la performance ottimale.
Negli anni passati molte ipotesi sono state formulate sul funzionamento e sugli effetti del riscaldamento pre-attività senza avere dati e studi al supporto.
Fortunatamente negli ultimi anni la ricerca ha fatto grossi passi avanti nello studio di questa componente dell’allenamento ed i risultati possono essere utilizzati per ottimizzare finemente anche questo aspetto.
Perché fare il riscaldamento? Cosa succede nel corpo quando mi riscaldo?
Il nostro organismo reagisce al riscaldamento mettendo in atto strategie di adattamento che permettono al corpo di esprimere la miglior performance possibile successivamente.
Il risultato principale che si ottiene con il riscaldamento è ovviamente l’innalzamento della temperatura che determina i “meccanismi di adattamento temperatura-dipendenti”, ma esistono anche “meccanismi non temperatura-dipendenti”.
Meccanismi temperatura-dipendenti
L’aumento di temperatura nel muscolo, indotta passivamente o attivamente tramite l’esercizio fisico, influenza significativamente la performance.
L’aumento di temperatura di 1°C a livello muscolare ha la capacità di generare un miglioramento della performance dal 2 al 5%, a seconda del tipo di contrazione e velocità del task richiesto.
L’aumento di temperatura a livello muscolare determina un deciso incremento del turnover cellulare di ATP (ovvero il ricambio cellulare di ATP che è la moneta energetica del nostro organismo) con effetti misurabili nell’aumento della produzione di forza.

Sono stati osservati altri meccanismi temperatura-dipendenti a livello muscolare tra cui l’aumento di frequenza con il quale si formano nuovi legami tra le miofibrille (cross-bridge cycling rate) e l’incremento di capacità di utilizzo della fosfocreatina; entrambi i meccanismi incrementano la funzionalità del muscolo.
La velocità di conduzione delle fibre muscolari è fortemente influenzata dalla temperatura. A temperature maggiori si evidenzia un aumento di conducibilità delle fibre fino al 12% e questo determina un aumento della velocità con il quale il muscolo riesce a produrre la massima forza e rilassarsi completamente.
L’aumento di temperatura muscolare ha la capacità di ridurre la rigidità a livello articolare e muscolare tramite la diminuzione della resistenza passiva viscosa nei tessuti.
L’incremento di temperatura permette inoltre di aumentare la funzionalità del sistema nervoso, in particolar modo aumentando la velocità di trasmissione degli impulsi di conduzione nervosa.
Meccanismi non temperatura-dipendenti
Elevare la temperatura muscolare passivamente o attivamente induce tutti gli effetti visti precedentemente, ma essi non sono gli unici determinanti dell’efficacia del riscaldamento.
Il riscaldamento, in particolar modo quello attivo, stimola importanti cambiamenti a livello del metabolismo aerobico e anaerobico.
Sono stati svolti molti studi che hanno dimostrato come un riscaldamento intenso, sopra la soglia di produzione del lattato produca un aumento della cinetica di assorbimento dell’ossigeno e un’elevazione del livello base di consumo di ossigeno. Ciò permette al nostro organismo di diventare più efficiente e pronto nell’affrontare i successivi sforzi aerobici.
Un ulteriore effetto del riscaldamento non legato alla temperatura è il “Post-Activation Potentiation”.
Il potenziamento post-attivazione è un fenomeno attraverso il quale la performance muscolare è fortemente aumentata da esercizi con attivazione neuromuscolare prossima alla massimale eseguiti precedentemente all’attività.
Il miglioramento avviene attraverso modificazioni complesse a livello del sistema nervoso che riescono a determinare un miglioramento nella performance dello sprint, del salto, in esercizi come la panca piana e lo squat e più in generale in tutti i movimenti di breve durata.
Ci verrebbe da chiedere quale possa essere l’utilità di questo fenomeno in uno sport di endurance; la risposta è utilizzare il potenziamento post-attivazione prima degli allenamenti sulla tecnica del gesto atletico e nelle sedute di allenamento in cui si lavora sull’esplosività e sulla forza.

Il punto chiave per riuscire a sfruttare appieno il potenziamento post-attivazione risiede nel saper bilanciare la fatica con il potenziamento. Questo equilibrio è dettato da molti fattori tra cui: gli anni di esperienza nello specifico allenamento, la durata della fase di transizione tra potenziamento e attività, l’intensità del carico durante la pre-attivazione e la tipologia di fibre muscolari.
Per riassumere, molti aspetti entrano in gioco nel potenziamento post-attivazione ed i principi base per poterlo sfruttare si riassumono nel praticare come riscaldamento un esercizio ad alta attivazione neuro-muscolare (il più usato e studiato è il drop-jump) ad alto carico (molto vicino al massimale) con poche ripetizioni, seguito da una pausa di circa 10’ (fase di transizione) per fornire la massima performance in individui con medio-alta esperienza.
Tempo di transizione
Occorre integrare un altro dato importante, il tempo di transizione tra il riscaldamento e la performance effettiva; è stato studiato infatti come un tempo di transizione superiore ai 9 minuti dopo un riscaldamento intenso permetta di aumentare il “time to exhaustion” (tempo massimo oltre il quale non si riesce a sostenere uno sforzo costante) del 30%!
Meccanismi Psicologici
Il riscaldamento viene sfruttato da molti atleti come un’opportunità per prepararsi mentalmente per la performance che avverrà in seguito.
Le strategie più usate sono la visualizzazione, la ripetizione di parole chiave, focus attenzionale ed eccitamento preparatorio. Queste strategie sono state sviluppate per restringere l’attenzione sulla performance successiva ed aumentare la sicurezza dell’atleta.
L’utilizzo di queste tecniche ed in particolare la visualizzazione, ha dimostrato un miglioramento nell’esecuzione del gesto atletico in tutti i principali sport; non sorprenderà scoprire che l’utilizzo della visualizzazione è una caratteristica distintiva degli atleti olimpici.
Molti runners prima di una competizione effettuano un ripasso mentale visivo del percorso, delle sezioni più complesse, dei propri punti di forza e dei punti deboli ipotizzando e prendendo coscienza delle possibili problematiche legate ad essi.
Prevenzione
Il riscaldamento (purtroppo) non ha la capacità di prevenire i principali infortuni. Ad oggi sembra non esistere una relazione tra il riscaldamento (sono stati studiati vari protocolli) ed il tasso di infortuni. Le motivazioni dell’esecuzione del riscaldamento vanno ricercate negli effetti sopra descritti e non nella diminuzione del rischio di infortunio.
Riscaldamento passivo?
Il riscaldamento passivo è un argomento estremamente interessante ed intensamente studiato negli ultimi anni e non è altro che l’innalzamento della temperatura muscolare tramite una sorgente calorifera esterna.
Esistono vari metodi per aumentare la temperatura muscolare: docce calde, immersione in acqua calda, abbigliamento elettro-riscaldato ecc.
I dati ci dimostrano come un riscaldamento passivo:
- Non aumenta la forza isometrica
- Aumenta la forza dinamica nel breve termine (sforzi <10”)
- Migliora la performance intermedia (tra i 10” e i 5’ di sforzo continuo)
- Peggiora la performance a lungo termine (sforzi oltre i 5’)
Per queste ragioni ci sentiamo di sconsigliare questa soluzione per i runners a meno che non sia in programma un allenamento specifico sulla forza; in quel caso il riscaldamento passivo può essere efficace.

Riscaldamento attivo per il runner
Esistono molti protocolli di riscaldamento per i runners, ed i dati ci mostrano come completare almeno uno sforzo al ritmo gara per almeno il 25% della distanza di gara migliori la performance sulle distanze medie; mentre per le distanze brevi servono almeno 5 sforzi a livello di ritmo gara per vedere un miglioramento nella performance.
Uno studio ha addirittura valutato i cambiamenti della biomeccanica della corsa a seguito del riscaldamento evidenziando un miglioramento nella forma della corsa a livello dell’inclinazione delle spalle, dell’inclinazione del corpo e della flessione d’anca.
Per la performance sullo sprint esistono anche protocolli che prevedono esercizi di forza come il back-squat ed il drop-jump; in questo casi se i due esercizi vengono svolti ad intensità alta e basse ripetizioni, si ha un miglioramento dello sprint sulle distanze brevi (miglioramento fino al 5%).
Sfortunatamente non esistono studi mirati all’osservazione della migliore strategia di riscaldamento per le lunghe distanze, tuttavia i principi base del riscaldamento sopra descritti sono validi e possono essere integrati nella propria routine.
Take home message
Il riscaldamento determina:
- Una diminuzione della resistenza offerta dai muscoli e dalle articolazioni
- Un aumento nel rilascio di ossigeno da parte dell’emoglobina e mioglobina
- Un aumento nella velocità delle reazioni metaboliche
- Un incremento della velocità di conduzione nervosa e di contrazione muscolare
- Un incremento dell’afflusso di sangue al muscolo
- Un’elevazione nel consumo di base di ossigeno
- Il “potenziamento post-attivazione”
- Effetti psicologici per incrementare il focus e la preparazione alla performance.
Il riscaldamento inoltre:
- Non ha la capacità di ridurre gli infortuni
- Può essere indotto passivamente ma solo per attività con sforzi di breve durata
- Per avere la massima efficacia ci deve essere un tempo di transizione di circa 10 minuti tra il riscaldamento e la performance
- L’intensità e la durata del riscaldamento devono essere calibrati sulla tipologia di allenamento/gara che sarà fatta successivamente
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