Storia di una atleta vissuta negli anni del Terzo Reich: Gretel Bergmann

Storia di una atleta vissuta negli anni del Terzo Reich: Gretel Bergmann

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In occasione del Giorno della Memoria, Running Italia vuole ricordare una delle tante storie che negli anni dell'olocausto hanno afflitto il mondo intero.
Anche lo sport, simbolo di unione tra le nazioni, è stato vittima di quegli avvenimenti. Di seguito è riportata la storia di una atleta che, a causa delle ideologie instauratesi nella Germania Nazista negli anni del Terzo Reich, è stata costretta ad abbandonare la propria carriera sportiva, rinunciando dunque a diventare una atleta di fama mondiale.


Gretel Bergmann è stata una ex atleta tedesca, specialista nel salto in alto ed in seguito nel lancio del peso. Grazie a forti pressioni internazionali, fu una delle poche atlete di razza ebrea prese in considerazione per la partecipazione ai Giochi della XI Olimpiade, organizzati dalla Germania nazista.

Sin da giovanissima venne iniziata a diverse discipline sportive, quali la corsa, il nuoto, il tennis e lo sci e già a dieci anni iniziò a gareggiare ottenendo risultati incoraggianti.

Nel 1932 l'ascesa del Partito Nazionalsocialista portò ad un rapido deterioramento delle condizioni sociali degli ebrei. Per Gretel l'incubo si materializzò soltanto un anno dopo, quando, con l'avvento delle leggi razziali, lo stesso allenatore del club ove era iscritta e si allenava, le comunicò che non era più ospite gradito in quanto ebrea. Basti pensare che, come ricordò in seguito la stessa Gretel, sull'entrata del club in questione, venne apposto un cartello che riportava la scritta "Ingresso vietato a cani ed ebrei". Come se non bastasse, per via della sua condizione, le venne anche negato l'accesso al Collegio tedesco per la ginnastica a Berlino. L'atleta si trasferì quindi a Londra dove partecipò e vinse il Campionato di Inghilterra, fermando l'asticella all'altezza di 1,55 metri.

Il 1936 fu l'anno dei Giochi della XI Olimpiade, organizzati proprio dal Terzo Reich. L'occasione fu ghiotta, tanto per il regime tedesco che aveva l'occasione di battere sportivamente gli Stati Uniti, quanto per la stessa Bergmann, la quale poteva finalmente affermarsi come saltatrice di fama mondiale. La notizia della vittoria riportata da Gretel in Inghilterra si diffuse rapidamente e come conseguenza di ciò, sia il CIO sia gli Stati Uniti minacciarono boicottaggi nell'eventualità di un'estromissione degli atleti ebrei da parte del regime tedesco. Le autorità tedesche si videro quindi costrette a convincere la Bergamnn a partecipare alla manifestazione, non perdendo comunque l'occasione di minacciarla.

L'atleta tornò dunque in Germania dove iniziò gli allenamenti; tuttavia le autorità le impedirono di allenarsi insieme alle altre atlete facenti parte della squadra olimpica femminile di salto in alto, aspetto questo che penalizzò molto l'atleta privata di qualsiasi punto di riferimento e paragone. Il 30 giugno 1936, un mese prima della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Berlino, eguaglia il record tedesco di salto in alto detenuto da Elfriede Kaun, fermo a 1,60 metri.

La strada per la partecipazione alla competizione dovrebbe ormai essere spianata, ma Gretel, preoccupata di ritorsioni verso sé e verso la sua famiglia, non riesce più a saltare in maniera soddisfacente. Dopo la partenza della squadra americana alla volta dell'Europa, la Bergamnn riceve una lettera da parte del Comitato Olimpico tedesco, ove le viene comunicata la decisione di non farle prendere parte alla competizione internazionale in virtù degli scarsi risultati ottenuti. Venne quindi rimpiazzata da un'altra atleta (rivelatasi in futuro un uomo) appartenente alla cosiddetta razza ariana, Dora Ratjen.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, Gretel dichiara conclusa la sua carriera sportiva e nel 1942, acquisisce la cittadinanza americana.


Fonte Wikipedia.org

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