
Mindfulness in corsa: spunti per praticare un allenamento mentale
Nel corso degli ultimi 60 anni il mondo del podismo è stato attraversato da svariate innovazioni, tanto che un podista di ieri avrebbe difficoltà a riconoscersi nell’attuale momento storico. L’allenamento mentale è una di queste.
Tra i cambiamenti più significativi vorrei ricordare: il modo di concepire gli allenamenti, di alimentarsi, di accedere a materiale tecnico sempre più evoluto (scarpe, vestiario, cardiofrequenzimetri, misuratori portatili di tempo e spazio), senza dimenticare l’ampliamento dell’offerta podistica con manifestazioni originali e, in taluni casi, estreme.
Fatte queste fugaci considerazioni, il cui approfondimento richiederebbe qualche riga in più, vorrei attirare la vostra attenzione sul fatto che in parallelo non c’è stata una analoga evoluzione, e mi riferisco agli allenamenti, sulla preparazione mentale per affrontare la normale preparazione atletica e le competizioni, spesso davvero impegnative. Non siamo ovviamente all’anno zero: qualche libro è pur stato scritto, un po’ di cultura su questo aspetto si è diffusa negli ultimi 10-15 anni con riferimento alla parte sottile dell’individuo e, mi piace ricordare per inciso, “I sette passi della corsa” di Longoni, i libri di Trabucchi nonché Speciani. Pochi comunque in rapporto con la sequela di libri sull’aspetto più materiale del podista, quella riferita al solo corpo: tecnica di corsa, esercizi ginnici propedeutici, modo di effettuare lo stretching, come cibarsi, vestirsi, ecc.
Brevi cenni storici sull’importanza dell’allenamento mentale
Non va dimenticato che già nel recente passato qualche celebre allenatore di livello mondiale, come l’australiano Percy Cerutty coach di Herb Elliot, il vincitore dei 1500 metri alle olimpiadi di Roma, negli anni sessanta sosteneva che “il successo nella corsa è dovuto, non tanto all’allenamento del vostro corpo, quanto alla capacità di allenare la mente”.
Lo stesso Roger Bannister, il primo atleta al mondo a scendere sotto i 4 minuti nel miglio (1609 metri), nel 1954, la pensava allo stesso modo nell’affermare che: “La preparazione mentale è il fattore più importante per un mezzofondista”. Il tema è stato quindi preso in considerazione e sicuramente messo in pratica visto la rilevanza dei risultati ottenuti da questi prestigiosi atleti.
La figura del mental coach: una recente figura professionale per sportivi vincenti
Ora invece ho la sensazione che le cose stiano leggermente cambiando per cui non sono sorpreso nell’apprendere che professionisti italiani, di diverse discipline sportive, soprattutto atleti di punta, si rivolgano ai giorni nostri ad una nuova figura: il mental coach, una sorta di psicologo dello sport che va sempre più affermandosi per aiutare l’atleta a curare la preparazione mentale, a tenere la testa reattiva e orientata agli obiettivi da conseguire durante la stagione agonistica o, addirittura, su un arco di tempo più ampio. Si tratta di un plus rispetto al tradizionale allenatore che, comunque, quando è preparato ed attento, non si limita a prescrivere il menù per gli allenamenti, ma si preoccupa di instaurare un rapporto non solo tecnico con il proprio atleta.
Per atleti normali, intendendo quelli non affermati a livello nazionale o semplici amatori, competitori con o senza troppa vis agonistica, la preparazione mentale non è presa generalmente in considerazione o viene addirittura dimenticata. Questo atteggiamento contrasta con affermazioni ripetutamente presenti in ambito podistico, ma non solo, del tipo: “La testa conta, la testa è importante”. Quindi il tema è ben presente; eppure ci si limita ad affermarlo senza poi far seguire le necessarie pratiche per aiutare la testa a svolgere il ruolo che ad essa viene attribuito.
Proviamo, allora, ad offrire qualche spunto di riflessione per chi desidera prendere in considerazione questo lato dell’allenamento di certo non secondario.
Cominciamo con l’affermare che la decisione di “darsi al podismo” risiede nella testa e non certo da altre parti del corpo; allo stesso modo è proprio nella mente che si matura una certa visione di come ci si rapporta alla corsa. Infatti il mondo podistico attuale è sufficientemente variegato: si incontrano podisti molto determinati, precisi nei loro allenamenti (addirittura bi-giornalieri), con obiettivi scritti con inchiostro indelebile nel loro cervello. Altri, invece, più inclini ad una visione più soft dell’impegno, più orientata al proprio benessere psicofisico senza puntare alla “complicazione” di sottoporsi a precisi standard allenanti. Taluni, poi, si spingono a darsi traguardi impegnativi come maratone, ultramaratone, corse nei deserti o sulle montagne con trail con dislivelli positivi di migliaia di metri.
Insomma tante visioni, tanti modi di concepire la corsa senza dimenticare le classiche specialità dell’atletica leggera presenti a livello olimpico sull’anello dei 400 metri. Tutte legittime, la cui convinzione a seguirle ha indiscutibilmente una radice mentale che determina il modo di vivere la propria corsa a riprova dell’importanza della mente come decisore della propria attività atletica.
La mente al centro della vita di uno sportivo
Tutto comunque parte e danza proprio nella mente per cui occorre iniziare a prendere coscienza di cosa transita in questo “spazio”.
Se ci prendiamo un po’ di tempo per osservarci scopriremo una quantità di pensieri, emozioni che l’attraversano con maggiore o minore frequenza e velocità. Spesso prendono la forma di una confusa lista di cose da fare, di decisioni da ponderare: un bel po’ di materiale “appiccicato” al nostro corpo.
Non a caso, qualche psicologo sostiene che ovunque andiamo ci portiamo appresso lo zaino più o meno pesante del nostro vissuto. E con un peso sulle spalle non si vive bene né si corre leggeri. Eccessivi pensieri, preoccupazioni od elaborati mentali sono sicuramente di ostacolo per produrre un’azione atletica sciolta, distesa ed efficace. Lo aveva capito uno come Ivan Basso, ciclista di ieri, “una testa piena di pensieri pesa di più ed in salita vai di meno”.
Se correndo iniziamo a prendere in considerazione fatti extra corsa che riguardano i nostri cari o terzi, avremo la testa distante dalla corsa, là dove il pensiero ci porta. Un contrasto non da poco: il corpo che continua a correre dove si trova fisicamente, con la testa e relativi pensieri altrove.
A quel punto, quasi sicuramente, si produrrà una corsa meccanica con gambe e braccia occupate nell’azione atletica, magari anche sufficientemente impegnata, ma poco partecipata e con una evidente dissociazione tra corpo e mente. E nemmeno si svilupperà mindfulness, quello stato della mente completamente focalizzato sul momento presente, perché potrà accadere di occuparsi di fatti del passato o di un futuro ignorando proprio il tempo più importante: il presente, nel momento in cui le singole falcate del runner incontrano il terreno. Converrà allora allenare la mente a non andare lontano, a stare dove stiamo correndo.
La domanda è: come si esegue l’allenamento mentale?
Possibile strategia per allenare la mente
Praticando una particolare strategia come quella di mantenere una costante attenzione all’andirivieni del respiro restando consapevoli dell’ingresso dell’aria nel nostro corpo, nonché della sua uscita.
Ai pensieri che possono insorgere non si darà ascolto: saranno lasciati liberi di andare altrove, di non essere oggetto della nostra attenzione. Si inizierà con gradualità, estendendo col tempo il periodo di osservazione sino a giungere, nel caso di una pratica perfetta, ad una costante osservazione.
E’ un esercizi mentale che i podisti non dovrebbero trovare troppo impegnativo perché, normalmente, il respiro è già al centro della propria azione atletica essendo un indicatore importante di come si sta procedendo, a cui già si presta normalmente una discreta attenzione.
In parallelo occorrerà attivare dosi di consapevolezza, quella capacità della mente di rendersi conto di quanto sta succedendo al corpo e di cosa sta occupando la mente in un determinato istante senza farsi coinvolgere da pensieri erranti.
Questo “anomalo” allenamento all’inizio sarà piuttosto impegnativo: la mente, abituata a divagare, opporrà resistenza così come si ribella un cavallo selvatico quando si cerca di domarlo: occorre però persistere usando dosi di gentilezza nei suoi riguardi senza sconfinare in una perentoria imposizione.
Vantaggi dell’attenzione al flusso respiratorio
Quali i vantaggi di questo comportamento?
- Abitua a sviluppare un equilibrato senso di noi stessi foriero di fiducia nei nostri mezzi;
- insegna a riconoscere i pensieri che ci attraversano senza aggrapparsi ad essi o seguirli;
- migliora la qualità della respirazione, proprio perché dedicando ad essa la massima attenzione si disporrà di maggiori dosi di ossigeno che entreranno in circolo, favorendo ulteriormente lo sviluppo della capacità aerobica;
- distoglie la mente da quei pensieri negativi che frequentemente ci accompagnano durante una gara ad esempio "questa salita è un incubo”, o prima di una prova impegnativa "difficilmente oggi riuscirò a tenere un ritmo da personal best”;
- attenua una certa dose di ansia spesso presente nel conseguimento dei nostri obiettivi atletici come ad esempio “se non riesco oggi quando mai riuscirò ?”;
- ci permette di sviluppare un’osservazione sull’azione atletica in modo da intervenire su un’eventuale rigidità del corpo pur evitando di scivolare in un eccessivo rilassamento;
- permette di attenuare gli alti e bassi psicologici nel corso di allenamenti o gare;
- fornisce più energia mentale per cui si riuscirà con più facilità a sostenere i nostri obiettivi, o gustare con più piacere psicologico le nostre uscite in mezzo alla natura.
Tutto ciò è solo un primo passo di un percorso allenante a cui dovremmo aggiungere altri tasselli, di cui ci occuperemo nei prossimi articoli, per governare le situazioni che si creano in corsa e non farsi governare dalle medesime.
Difficile? No, occorre però dedicare energie con regolarità e pazienza così come si dedica tempo a costruire una solida base atletica su cui costruire un futuro atletico. I frutti arriveranno: provare per credere.
A tal proposito vi consigliamo il libro "Correre con la testa: tecniche mentali per correre e vivere meglio", di Pietro Cristini, edito da Fusta Editore, che spiega come senza una solida motivazione, anche un fisico perfetto può fallire. Ce lo insegnano i più grandi campioni di tutti i tempi: preparare la mente è importante quanto allenare il corpo.
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